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Oggi si celebra la Giornata internazionale delle donne rurali per sottolineare l’importanza di queste donne nella promozione del settore agricolo, nella lotta contro la povertà rurale e per il loro impegno nella sicurezza alimentare. Nel settore agricolo le donne, nonostante siano produttive e intraprendenti come gli uomini, hanno minore accesso alla terra, al credito, ai mercati ed ottengono prezzi inferiori per i loro prodotti. Le barriere strutturali e le norme sociali discriminatorie continuano a limitare il ruolo delle donne nelle famiglie e nelle comunità rurali.

La viceministra alle Infrastrutture, Teresa Bellanova, nel Giorno internazionale delle donne rurali, traccia un prima e un dopo nello scenario di disuguaglianza tra donne e uomini, particolarmente pronunciata nelle zone rurali dove gli stereotipi di genere continuano a manifestarsi costituendo un grave ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza rispetto alle aree urbane. Sebbene i risultati mostrino progressi in alcuni aspetti, l’esodo rurale contunua ad essere prevalentemente femminile causando la mascolinizzazione dell’età lavorativa.

Il rapporto Cambia Terra di ActionAid svela le ingiustizie e lo sfruttamento che subiscono le migliaia di donne impiegate nel settore agricolo italiano, disparità salariale tra donne e uomini, ricatti, molestie. Le donne e le ragazze non hanno pari accesso a risorse e beni produttivi, servizi pubblici come istruzione, assistenza sanitaria ed infrastrutture, inoltre gran parte del loro lavoro rimane invisibile e non retribuito. Quanto siamo ancori lontani dal consentire a tutte le donne di ottenere il giusto riconoscimento produttivo, economico, sociale e umano?
Non si tratta di consentire qualcosa alle donne, finché saremo dentro questa logica, di marca patriarcale, ci sarà sempre disparità, squilibrio, asimmetria. E dunque una democrazia incompiuta. Qualche anno fa una rivista scritta e pensata da donne per le donne titolava in questo modo: “Le donne sono ovunque”. E’ così: siamo ovunque e non c’è dubbio che più si afferma il nostro ruolo in tutti i segmenti sociali e produttivi più cresce la qualità dello scambio sociale e delle nostre comunità. Banalmente direi che così cresce il benessere e anche il prodotto interno lordo.
Non a caso secondo il Mc Kinsey Global Institute se tutti i Paesi fossero caratterizzati dalle migliori dinamiche sulla parità di genere il Pil mondiale potrebbe registrare una crescita tra l’11 e il 26 per cento. Aggiungo però una postilla: perché avanzi la democrazia il riconoscimento tra donne è fondamentale. Non si tratta solo di arrivare per prime ma di arrivare prime in modo significativo anche per le altre.
Lei fa riferimento al Rapporto “Cambia terra” di Action Aid che fotografa situazioni vergognose dove sono coinvolte donne immigrate straniere ma non solo. Sono convinta, per averlo verificato in decine e decine di casi, che l’agricoltura nel nostro Paese è una grande laboratorio di integrazione a cielo aperto e che sfruttamento, mancata tutela del lavoro, degrado, caporalato, vanno combattuti con forza e determinazione dovunque si annidano perché alimentano il patto perverso che fonda la competizione sleale e il dumping sociale e danneggia irreversibilmente la forza reputazionale della nostra agricoltura,
Per questo ho sempre detto che i ghetti dove purtroppo ancora adesso vivono migliaia di cosiddetti invisibili non vanno svuotati ma devono essere smantellati e che alle lavoratrici e ai lavoratori dei campi, stranieri o italiani non fa differenza, devono essere garantiti servizi coerenti con la qualità e l’eccellenza delle nostre produzioni: trasporti, alloggi, servizi per le donne impegnate in agricoltura e che hanno figli. Da Ministra dell’agricoltura ho lavorato per sostenere le filiere e determinare un riallineamento della catena del valore perché le criticità non si scarichino solo sugli anelli deboli, che spesso sono le piccole imprese di produzione.
Tutto questo dipende sicuramente dal rispetto delle leggi, e quella contro il caporalato è considerata un paradigma a livello internazionale, ma convoca direi ineludibilmente la nostra capacità, a ogni livello, di affermare la dignità del lavoro per chiunque nel nostro Paese a prescindere dal colore della pelle.

Come si cerca di dare una risposta alle esigenze primarie dei territori rurali per svilupparne le potenzialità e renderli più forti, connessi, resilienti e prosperi?

Il tema delle aree interne è centrale ed è strategico, per un riequilibrio città-campagna e perché ripopolamento delle aree interne e vocazione agroalimentare sono fortemente interconnesse. Nelle scorse settimane ho lanciato una proposta al Presidente dell’Anci nazionale perché tutti i comuni, soprattutto quelli che insistono nelle aree a forte vocazione agricola e paesaggistica, si dotino dell’anagrafe dei terreni agricoli. Nella Strategia agroalimentare che avevamo disegnato nell’ambito del Pnrr, e che ho lasciato in eredità al mio successore, avevamo indicato la rivalorizzazione delle aree interne come argine al dissesto idrogeologico e al cambiamento climatico ma anche all’urbanizzazione convulsa che spesso stritola le nostre città. Se è necessario infrastrutturare i territori interni come precondizione per abitarli, è altrettanto necessario proteggere la superficie agricola, perché non si sottragga suolo all’agricoltura.

Qual è la strategia contro lo spopolamento delle aree interne e montane? E quali sono le politiche per sostenere il potenziale delle donne e dei giovani nelle zone rurali?

Discende esattamente da quanto ho appena detto. Parto da un presupposto: le donne e le nuove generazioni rappresentano la più straordinaria leva per l’innovazione nel nostro Paese. Non a caso quando si è trattato di costruire la risposta europea unitaria alla crisi pandemica è stato messo in campo il New Generation Eu, perché è sulla centralità delle nuove generazioni e delle donne che bisogna puntare per tenere insieme destino e futuro, anche come risposta alla crisi demografica. Vale dovunque e vale a maggior ragione per il settore primario dove le donne sono sinonimo di innovazione, sostenibilità e resilienza, tutti tasselli fondamentale per costruire un futuro green e affermare i tre pilastri della sostenibilità sociale, ambientale, economica. Oggi è la Giornata internazionale delle donne rurali e domani si celebra la Giornata mondiale dell’alimentazione. I dati che vengono diffusi in questi giorni sono oltremodo allarmanti e confermano quella del cibo come una enorme, indifferibile, emergenza geopolitica: nel mondo – ci dice la Fao – sono 828milioni le persone che soffrono la fame e anche nel nostro Paese aumenta vertiginosamente il numero di anziani, persone fragili, famiglie che devono fare i conti con la povertà alimentare per l’escalation dei costi e dell’inflazione.
Una emergenza con cui ci eravamo misurati anche nel corso della pandemia portando a 300milioni il Fondo nazionale per le emergenze alimentari e stanziandone altri 40 con la Legge di bilancio 2021. Il nostro obiettivo era rispondere alla povertà alimentare siglando un’alleanza con il nostro agroalimentare di qualità.
Ecco perché il settore primario va sostenuto, valorizzato, rafforzato e in questo le donne sono determinanti. Come dice l’economista indiana Bina Agarwall: “Quando ci sono più donne a gestire risorse come le foreste, si ha una maggiore attenzione alla loro conservazione. E questo è importante in un’ottica di sviluppo sostenibile”. Nel mondo sarà possibile lavorare per sconfiggere la fame e la povertà alimentare solo se sempre più donne nelle aree rurali e urbane saranno riconosciute nel loro ruolo determinante e sostenute nell’occupare posizioni di leadership.

 «Se non ci può essere futuro verde senza la centralità dell’agricoltura, non ci può essere centralità dell’agricoltura senza le donne» Lo ha detto lei parlando durante un’assemblea di Donne in Campo-Cia.  Crede che la politica europea si stia muovendo sulle giuste direttive per garantire questa centralità anche sotto l’aspetto economico? Penso al PNRR e ai fondi per l’imprenditoria femminile.

Sono stati fatti passi importanti ma non ancora sufficienti. Non è questione che attiene solo all’agricoltura o all’economia, perché interroga e sfida in modo cogente la qualità della nostra democrazia e di quelle che definiamo pari opportunità per tutti e per tutte. Da Ministra dell’agricoltura ho voluto lavorare su una azione specifica, “donne in campo”, per sostenere concretamente il protagonismo femminile nel settore primario, che anche il censimento Istat conferma tra i maggiormente attrattivi per le donne che vogliono fare impresa. Ovviamente non basta una sola misura. E’ necessario proseguire con interventi strutturali che permettano alle donne di dedicarsi all’impresa e al contempo alla famiglia, garantendo l’insediamento, la permanenza, la crescita delle aziende cosiddette rosa nel settore agroalimentare, nel senso dell’innovazione e della multifunzionalità. Perché l’agricoltura è il settore del futuro non del passato.

Questo Paese ha bisogno di legalità e di sconfiggere il lavoro nero e clandestino. E questi lavoratori devono essere informati delle possibilità che lo Stato mette a disposizione” Era il 2020 quando lo ha detto, ed esattamente in occasione dell’applicazione dell’articolo 103 comma 1 del Decreto Legge 34 del 19 maggio 2020, norma fortemente da lei voluta per l’emersione del lavoro nero con uno sguardo attento sugli immigrati.   
Oggi, tirando le somme, il risultato qual è?

Purtroppo la gestione di quella norma, che difendo senza tentennamenti, ha scontato un meccanismo burocratico e amministrativo farraginoso, inadeguato a sostenerla. Un limite che avevo denunciato già al tempo, perché nessuna norma è rivoluzionaria in sé ma per esserlo ha bisogno di un vasto concerto di forze e anche della determinazione di tutte le componenti istituzionali e sociali chiamate a attuarla.
Continuo a pensare che il cosiddetto comma b, quello che permetteva ai lavoratori immigrati di regolarizzare la loro posizione in modo autonomo uscendo dall’invisibilità e dal ricatto, sia la via maestra per scardinare un sistema criminale come il caporalato, che nel caso delle donne è ancora più mostruoso, costringendole anche al ricatto sessuale. Noi abbiamo indicato una strada. E io continuerà a combattere perché il caporalato, non solo quello delle campagne, venga sconfitto dovunque si annidi.

 Lei crede nella Politica Agricola Comune, (PAC) che ha visto l’Europa impegnata in Piani strategici per la promozione, la crescita, la parità di genere e la partecipazione delle donne allo sviluppo socioeconomico delle zone rurali, prestando particolare attenzione all’agricoltura?

Credo che la Pac possa essere uno straordinario strumento per la centralità dell’agricoltura e la valorizzazione dei territori rurali nell’intera Europa m perché lo sia concretamente è necessario che tutti gli Stati membri assumano con determinazione l’obiettivo di una Politica agricola più inclusiva, moderna e fortemente orientata alle nuove sfide, in particolare quelle ambientali, della competitività del settore agroalimentare, della tutela del lavoro in agricoltura come precondizione per la qualità globale delle aziende, della tutela ambientale. Da Ministra delle politiche agricole mi ero mossa esattamente in questa direzione, e considero la condizionalità sociale un passo in avanti di forte rilevanza per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori rurali.