In occasione della Giornata Internazionale della Gioventù, mentre il mondo intero il 13 agosto scorso celebrava il potenziale e la vitalità delle nuove generazioni, i giovani palestinesi continuano a combattere per sopravvivere in un contesto segnato da conflitti incessanti, disoccupazione dilagante e un futuro sempre più incerto. I dati provenienti dalla Palestina raccontano una storia di sofferenza e privazione, una realtà che non fa più notizia ma che richiede la nostra attenzione e un’azione immediata. Questo scenario critico riassunto in una statistica preoccupante da Nadine Nakhleh, responsabile della comunicazione dell’Associazione delle Autorità Locali Palestinesi (APLA), evidenzia la gravità delle sfide e delle avversità che la numerosa gioventù palestinese, sotto assedio, è costretta ad affrontare.
In Palestina, su una popolazione di 5,6 milioni di persone, ben 1,2 milioni sono giovani tra i 18 e i 29 anni. Questa generazione, che dovrebbe rappresentare la speranza, l’energia e la spinta verso un futuro migliore, si trova invece a dover affrontare una realtà ben diversa. Invece di costruire il proprio futuro, molti di loro sono costretti a confrontarsi quotidianamente con la perdita, la paura e l’incertezza. Dal 7 ottobre 2023, più di 39.000 palestinesi hanno perso la vita, e tra loro, quasi un quarto erano giovani tra i 18 e i 29 anni. Questo dato è agghiacciante e rivela quanto sia pesante il tributo che la gioventù palestinese sta pagando nel conflitto. In Cisgiordania, la situazione è altrettanto tragica: il 75% delle 620 persone uccise aveva meno di 30 anni. È una generazione che sta letteralmente morendo prima ancora di poter realizzare i propri sogni.
L’istruzione, un diritto fondamentale, per i giovani palestinesi è spesso un lusso inarrivabile. Nella Striscia di Gaza, 88.000 studenti universitari sono stati costretti a interrompere gli studi a causa della guerra. La loro voglia di apprendere e di crescere si scontra con una realtà fatta di distruzione e incertezza. In Cisgiordania, la situazione non è migliore: oltre 197 studenti universitari sono stati arrestati, mettendo a repentaglio il loro percorso di studi e, con esso, il loro futuro. Se l’istruzione è un diritto negato, il lavoro non è da meno. La disoccupazione giovanile in Palestina ha raggiunto livelli allarmanti: a Gaza, il 75% dei giovani è senza lavoro, mentre in Cisgiordania il tasso è del 48%. Numeri che parlano di una crisi economica profonda, che alimenta frustrazione, rabbia e una sensazione di impotenza. Inoltre, il 47% dei giovani in Cisgiordania non è impegnato né in un lavoro né in un percorso educativo o formativo, il che riflette la mancanza di opportunità concrete. Anche coloro che riescono a trovare un’occupazione spesso finiscono nel settore informale, dove non esistono diritti né protezioni. Circa 152.000 giovani palestinesi lavorano in condizioni di estrema precarietà, senza sicurezza, senza benefici, e senza la possibilità di costruire una vita stabile. Questo settore rappresenta il 44% della forza lavoro giovanile, un dato che sottolinea quanto sia difficile, per questi ragazzi, costruirsi un futuro dignitoso. I dati presentati da Nadine Nakhleh offrono un quadro allarmante che non può essere ignorato. Mentre nel resto del mondo la gioventù è celebrata e sostenuta, in Palestina un’intera generazione lotta quotidianamente per la propria sopravvivenza. Questa disparità ci richiama alla necessità di prestare maggiore attenzione e solidarietà a chi, in condizioni di estrema difficoltà, vede negati i propri diritti fondamentali.