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Il 3 Ottobre del 2023 ricorrerà il decennale della strage dei 368 migranti naufragati a poche miglia da Lampedusa, solo una parte delle oltre 25 mila persone per il quale il Mar Mediterraneo si è fatto muro e cimitero nel corso di questi dieci anni. Due settimane dopo quel terribile naufragio il governo italiano di allora, guidato da Enrico Letta, mise in campo l’operazione Mare Nostrum, la cui missione primaria era quella del salvataggio di vite umane. Durò solo un anno e fu soppiantata da nuove politiche europee improntate alla salvaguardia dei confini più che a quella delle vite umane. Il cambio di passo avvenuto in questi anni si registra anche nel nome dell’operazione europea, Frontex, in cui il focus è, appunto, sul controllo delle frontiere, perseguito peraltro anche con i famigerati patti dell’Italia con la Libia, il cosiddetto Memorandum rinnovato tacitamente proprio il 2 novembre scorso.

Tali accordi, come denunciato da tante associazioni umanitarie, tra cui Amnnesty International e Medici Senza Frontiere finiscono con “alimentare la spirale di violenze, torture, abusi e detenzione arbitraria a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini che restano intrappolati in Libia o in Libia vengono respinti, dopo essere stati rintracciati in mare. L’accordo prevede il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, attraverso fondi, mezzi e addestramento. Continuare a supportarla significa non solo contribuire direttamente e materialmente al respingimento di uomini, donne e bambini ma anche sostenere i centri di detenzione– ufficialmente definiti “di accoglienza” – dove le persone vengono sottoposte a trattamenti inumani e degradanti, vengono abusate e uccise”1.

Purtroppo nelle ultime settimane, di fronte all’intensificarsi degli sbarchi e delle morti atroci di decine di persone tra cui neonati morti di freddo o arsi vivi nel “nostro” Mediterraneo, la risposta dei governi europei appare assolutamente deficitaria e le tensioni tra Italia e Francia hanno finito con lo scaricarsi proprio sui migranti stessi: sulla loro pelle, letteralmente, si è giocato al rimpallo di responsabilità e ai veti reciproci, impedendone per giorni lo sbarco in Italia, accogliendone alcuni e respingendone altri in Francia, colpevolizzando le ONG come se fossero colluse con i trafficanti di uomini. Occorre decisamente un cambio di passo e proprio da alcuni deputati dell’UE tra i quali il siciliano Pietro Bartolo è arrivato lo scorso ottobre un segnale politico di forte censura nei confronti di Frontex, di cui è stato bocciato il bilancio 20202.

L’anno che ci separa dall’anniversario della strage del 2013 andrebbe dunque utilizzato per bloccare Frontex e per impiegare i cospicui fondi con cui è stata finora finanziata tale operazione per intraprendere una nuova missione europea di salvataggio e custodia di vite umane, nel rispetto della Convenzione di Ginevra, che stabilisce che nessun rifugiato può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà possono essere seriamente minacciate. La presenza dell’UE dovrebbe anche rendersi visibile e concreta in Sicilia con una sede ufficiale, ad esempio di una commissione speciale o comunque di una sede operativa, che faccia sentire meno lontane Strasburgo e Bruxelles dal confine europeo costituito dal Mare Mediterraneo, che dovrebbe rappresentare ponte e non muro tra civiltà e culture, tra Europa, Africa e Medio Oriente. La vicinanza fisica sarebbe utile anche per supportare gli amministratori locali di Lampedusa, Messina, Pozzallo, Pantelleria, Catania, Siracusa e di tutti quei Comuni che ogni giorno si trovano a reggere il carico emotivo, logistico e organizzativo di accogliere un’umanità ferita che vede infrangere sulle nostre coste il proprio sogno di libertà, di sicurezza e di speranza.

Valentina Chinnici

Deputata del Parlamento Siciliano

  • https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/accordi-libia-italia-rinnovo/