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Garantire emissioni zero in tutto il mondo entro la metà del secolo, adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali, mobilitare i finanziamenti per il clima e stabilire partenariati tra governi, imprese e società civile e, naturalmente, finalizzare il regolamento di Parigi per rendere l’accordo pienamente operativo.

Sono questi gli obiettivi della COP26, la 26ª conferenza sul clima che riunisce le 197 parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), tra cui l’UE e tutti gli Stati membri dell’UE.

I leader mondiali sono riuniti a Glasgow (Regno Unito) dal 31 ottobre scorso per un vertice, il più importante del pianeta, per prevenire pericolose interferenze dell’attività umana nel sistema climatico.

La COP26, che si concluderà il 12 novembre, appare come l’ultima possibilità per affrontare una “catastrofe ambientale”, che già colpisce in modo letale le aree più vulnerabili del mondo, così come descritta, senza mezzi termini, dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.

La scienza parla chiaro da anni, il problema del riscaldamento globale è il prodotto delle azioni irresponsabili e insostenibili dell’umanità con il suo ambiente e le risorse naturali. Di fronte a questo importante problema ambientale, è essenziale conoscerne tutti gli effetti e le conseguenze per adottare misure di adattamento e mitigazione all’attuale riscaldamento globale.

Il tempo stringe e, per limitare il riscaldamento, il mondo ha bisogno di dimezzare le emissioni di gas serra nei prossimi otto anni.

Questo è un compito enorme che si potrà svolgere solo se i leader presenti alla COP26 elaboreranno piani davvero ambiziosi, con scadenze concrete e con un carico di lavoro iniziale per eliminare gradualmente il carbonio e trasformare le loro economie per raggiungere le cosiddette emissioni nette zero.

E di clima e surriscaldamento ambientale, ha parlato Mohamed Boudra Presidente dell’UCLG (United Cities and Local Governments) e vicepresidente del COPPEM.  In un video, che sarà proiettato a chiusura dei lavori della Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, il vicepresidente del COPPEM, ha sottolineato che “Sei anni dopo gli accordi di Parigi i conti non tornano – ha detto Boudra – occorre rafforzare la cooperazione multilivello e bisogna comprendere che gli enti locali e regionali hanno un ruolo importante per riequilibrare crescita, tecnologia e inclusione“. Occorre, dunque, un cambio profondo nel modello di sviluppo, produzione, consumo e nella relazione con la natura, dobbiamo ripensare il modo in cui consumiamo e ricicliamo le risorse del pianeta. Boudra, ha infine evidenziato che Jakarta invita da tempo i leader delle città U20 a collaborare per migliorare l’integrazione verticale nella definizione delle politiche e nell’attuazione delle azioni con i governi nazionali per raggiungere gli obiettivi collettivi dell’accordo di Parigi e degli SDGs (obiettivi di sviluppo sostenibile).