La lotta alla violenza di genere si è meritata una data sul calendario. Il 25 novembre ricorre la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, scelta per ricordare l’assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal che tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), dittatore della Repubblica Dominicana che tenne il suo popolo nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Il 25 novembre, è una ricorrenza che mette in campo tutte le forze politiche, le ONG, le organizzazioni internazionali e il mondo dell’associazionismo per elaborare strategie comuni finalizzate a contrastare questo atroce fenomeno diffuso e in gran parte sommerso. Questo 25 novembre è più infausto che mai per un connubio allarmante: violenza di genere e pandemia. Mentre il mondo si fermava per il Covid-19, con la complicità del confinamento forzato, che ha destabilizzato e indebolito fasce sociali già fragili, è aumentato il rischio di femminicidi e di violenza all’interno delle mura domestiche. In Italia i numeri non sono confortanti, nel report rilasciato dal Servizio analisi criminale interforze del Ministero dell’Interno (clicca qui), è stato esaminato l’andamento dei reati riconducibili alla violenza di genere, nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2020. Dall’analisi dei dati, è emerso che i reati di minaccia, lesione personale e percosse, con particolare riferimento all’ambito familiare, hanno registrato un’importante flessione durante il periodo del lookdown, così come sono aumentati anche, sempre secondo il report del Ministero dell’Interno, i femminicidi commessi da partner o ex partner. La violenza sulle donne è strettamente associata al sistema patriarcale o al sistema sessista. Nell’immaginario collettivo, l’uomo si configura in casa come l’autorità e il lavoratore, con una posizione dominante nel pubblico rispetto alla donna, che invece è focalizzata sulla maternità, protetta dall’ uomo, dedita alla casa e all’educazione, con il predominio solo nel privato. Quando questa organizzazione a carattere patriarcale vacilla, nella cultura maschilista i cambiamenti dei ruoli di genere e le relazioni più eque all’interno della famiglia, promuovono la violenza e l’abuso, attraverso mezzi fisici, psicologici, economici, intimidazioni e coercizione. La violenza sessista è una violazione dei diritti umani contro le donne, una manifestazione di disuguaglianza e discriminazione che non avviene strettamente nella sfera privata, ma anche pubblica. Sulla disuguaglianza di genere e la violenza sulle donne, il COPPEM ha organizzato una serie di eventi per la promozione e la sottoscrizione della Carta Europea, redatta nell’ambito del progetto MedEquality – “promotion of Policies for equality in Euro-Med Region”, finanziato dalla Commissione Europea e promossa dal Comitato Permanente per il Partenariato Euro-Mediterraneo dei Poteri Locali e Regionali e dai suoi partner: il Forum Algerino per la cittadinanza e la Modernità, l’associazione maltese dei Governi Locali, l’associazione delle autorità Locali Palestinesi e la federazione Spagnola dei Municipi e delle Provincie, con il supporto del Consiglio dei Comuni e delle Regioni dl’Europa, del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, della Municipalità di Bizerta (Tunisia) e della Istanbul Aydin University (Turchia). La Carta, è rivolta a tutti i governi locali europei e mediterranei che vogliono impegnarsi pubblicamente e formalmente per garantire il rispetto e la messa in atto del principio di pari opportunità nel proprio territorio. I firmatari della Carta si impegnano di dotare le popolazoni locali di uno strumento che nesupporti la promozione dei diritti e di intraprendere un dialogo con i rappresentanti della società civile